05 | America: Suor Maria Troncatti e Padre Luigi Bolla

SUOR MARIA TRONCATTI
Corteno Golgi (Brescia), 1883 — Sucúa (Ecuador), 1969

Nata tra le montagne bresciane, Maria durante la Prima Guerra Mondiale opera come infermiera volontaria della Croce Rossa, maturando un’esperienza sanitaria che si rivelerà fondamentale nella sua futura missione. Maturata la scelta missionaria, nel 1922 parte per l’Ecuador, destinazione carica di sfide sociali, culturali e politiche. Nel periodo in cui suor Maria arriva in Ecuador, il paese stava attraversando una fase critica: da una parte i conflitti tra Stato e Chiesa, che avevano creato diverse tensioni tra missionari e autorità civili, e dall’altra parte un’emarginazione sempre più crescente delle popolazioni indigene. I popoli dell’Amazzonia, come gli Shuar, infatti erano considerati “selvaggi” e vivevano ai margini della società, senza accesso a cure mediche, educazione o diritti civili.

Inviata nella foresta amazzonica, suor Maria è una delle prime missionarie a vivere stabilmente tra gli Shuar, tribù guerriera con una lunga storia di resistenza ai colonizzatori spagnoli e alla modernità. Lavora come infermiera, chirurga improvvisata, ostetrica, insegnante e mediatrice culturale. La sua dedizione e la sua amorevolezza producono frutti di carità incredibili. Dopo un’intensa vita piena di servizio e di amore, muore nel 1969 in un incidente aereo.

MISSIONE È CURARE

Nel 1925, appena arrivata in Amazzonia con le consorelle, suor Maria venne chiamata da una tribù Shuar: la figlia del capo era stata ferita da un proiettile e le tradizioni locali non le davano speranza. Senza strumenti moderni, suor Maria, affidandosi alla Vergine, riuscì a estrarre la pallottola e a salvare la bambina, guadagnandosi così rispetto e fiducia tra gli indigeni. Fu in quel momento che le diedero il nome amorevole di “Madrecita” (“Piccola Madre”).

PADRE LUIGI BOLLA
Schio (Vicenza), 1932 — Lima, 2013

La sua è stata una fanciullezza spensierata, nella quale conosce lo stile di don Bosco all’oratorio di Schio (VI). Dopo aver emesso i primi voti religiosi nella Congregazione Salesiana nel 1949, dopo quattro anni parte per l’Ecuador, dove viene ordinato sacerdote nel 1959. Apprende lo spagnolo e lo Shuar, una lingua tribale locale. E nel 1984 Luigi Bolla si trasferisce in Perù tra gli Achuar del sud, unico salesiano in un vicariato affidato ai Passionisti baschi. Non era certamente facile stare in quella zona lontana e priva di strutture di appoggio, ma la felicità di poter vivere con questo popolo, condividendo la loro vita e la loro storia, lo aiuta a superare le innumerevoli difficoltà incontrate.

Così racconta lo stesso Padre Luigi:

“Ero qui quando, nel 1990, il movimento degli indios si presentò per la prima volta sulla scena politica per rivendicare i propri diritti; ero ancora qui, tra il 1995 ed il 1998, quando Perù ed Ecuador si scontrarono per una guerra di confine ed ero sempre qui quando, nell’ottobre del 1998, i negoziati portarono alla pace e al tracciato di un nuovo confine tra i due Paesi. Quel tratto segnò una svolta anche per la Chiesa; noi missionari, infatti, eravamo stati spesso calunniati ed avevamo ricevuto forti pressioni. Personalmente sono stato accusato di essere un comunista ed un guerrigliero, ma la prima preoccupazione è sempre stata quella di annunciare il Vangelo”.

Proprio sua è l’intuizione di coniare un alfabeto scritto per le popolazioni locali, adatto a trasmettere la Lieta Novella del Vangelo.

MISSIONE È CHIAMATA

“La chiamata missionaria” – si confessa candidamente – “mi fa sentire nello spirito di essere ancora un ragazzo”. Sono le quattro del pomeriggio di un caldo giorno d’estate del 1944; entrando nella chiesa dell’oratorio salesiano di Schio, Luigi Bolla sente la voce del Signore che gli dice: “Camminerai molto nella selva e porterai la mia parola ai popoli della foresta”.

Il ragazzo, appena dodicenne, non sa nemmeno dove si trovi questa selva e neppure conosce i popoli che abitano nella foresta, ma non si perde d’animo; per capirne di più prende una carta geografica e poi chiama i suoi amici e li invita ad allenarsi con lui sui sentieri delle montagne che circondano la città perché, da grande, farà il missionario e dovrà camminare molto.