06 | Asia: Don Vincenzo Cimatti e Suor Letizia Begliatti

VINCENZO CIMATTI
Faenza, 1879 – Chofu (Giappone), 1965

Don Vincenzo Cimatti afferma:

“Se si vuol essere missionari in Giappone e non si diventa giapponesi fino al midollo, non si conclude nulla, perché se non riusciremo a giapponizzarci, faremo solo il vuoto attorno a noi”.

E questo tanto lo desidera, da volersi trasformare, al momento della morte, in “terra giapponese”: l’unico desiderio di don Vincenzo Cimatti che resterà inappagato. Don Bosco, nel 1882, si ferma a predicare a Faenza e tra chi corre ad ascoltarlo c’è anche mamma Rosa, vedova da pochi giorni, con i suoi tre figli, il più piccolo dei quali, Vincenzino appunto, ha solo tre anni.  “Guarda, guarda don Bosco!”, gli raccomanda sollevandolo in alto e il bambino a don Bosco guarderà per tutta la vita, al punto che qualcuno lo definirà “il don Bosco del Giappone”.

Il giovane Vincenzo entra presto nella Congregazione Salesiana e cresce con la passione degli studi e della musica: a 21 anni si laurea in composizione musicale presso il Conservatorio di Parma, a 24 anni in scienze naturali all’Università di Torino e a 27 in filosofia e pedagogia. Nel frattempo, a 26 anni, conclude gli studi teologici e viene ordinato sacerdote. Eppure afferma: “Darei tutte le mie lauree per meritarmi la grazia di essere missionario”.

Gliela fanno sudare per vent’anni, la missione, perché prima i superiori avevano bisogno di lui come insegnante, preside, direttore a Valsalice (Torino), compositore e maestro di banda. Dicevano che quando insegnava, nella sua aula “anche i muri sorridevano”, tanta era l’allegria che si sprigionava da quel prete innamorato dei giovani.

Finalmente a 46 anni parte come missionario: destinazione Giappone, con l’ambizioso obiettivo di fondare l’opera salesiana nel paese del Sol Levante. Mentre i giovani missionari imparano la lingua in fretta e bene, tanto da capire e farsi capire alla perfezione, i ragazzi giapponesi commentano: “Voi parlate meglio il giapponese, ma noi preferiamo stare a sentire don Cimatti”, perché sa farsi capire con la lingua universale dell’amore”.

Con la bontà e con un eterno sorriso riesce così a conquistare i cuori, impegnandosi come don Bosco nell’apostolato della stampa e della musica: tiene circa 2000 concerti, fonda l’Editrice Don Bosco che stampa le traduzioni di molte opere tra cui la vita di Domenico Savio, compone una suonata per il 2600° anniversario di fondazione dell’Impero Giapponese. Dopo una vita spesa per Dio e per gli altri, muore il 6 ottobre 1965.

MISSIONE È EVANGELIZZAZIONE

La musica per don Cimatti era un mezzo per amare e far amare il Signore. Se avesse studiato solo musica sarebbe diventato certamente famoso, perché aveva una vena facile e armoniosa. Essa era per lui un mezzo per portare al cuore degli uomini la gioia necessaria per evadere dalla vita monotona di ogni giorno.

La più grande preoccupazione di don Cimatti era l’evangelizzazione. Ma come evangelizzare? Per lui tutte le vie erano buone per portare anime a Cristo. Famosi erano i suoi concerti.

Si doveva dare un concerto a Beppu, ma sfortuna volle che il tempo fosse molto cattivo, e gli spettatori erano pochi. Don Margiaria, il primo tenore, era di umor nero, nervoso, irrequieto e si lamentava di ciò con don Cimatti, il quale con la sua abituale calma gli rispose: «Non allarmarti per nulla, gli effetti ci saranno lo stesso».

Quella sera tra i pochi spettatori c’erano due maestri delle scuole elementari: entusiasmati dalla personalità di don Cimatti, dopo il concerto vollero stringergli la mano prima di lasciare la sala. A quel contatto si convinsero di più d’aver incontrato un uomo straordinario e andavano ripetendo: «Questo uomo non è come gli altri, dev’essere un uomo di Dio». In seguito chiesero di studiare il catechismo e si fecero cattolici.

SUOR LETIZIA BEGLIATTI
San Giorgio di Viola (Cuneo), 1885 – Tokyo, 1963

Nel 1925 erano giunti in Giappone i primi salesiani: un’équipe magnifica guidata da don Vincenzo Cimatti.  Nel marzo 1929 don Cimatti era rientrato in Italia, suo malgrado, per partecipare al Capitolo Generale dei Salesiani e alle feste della beatificazione di don Bosco. Recatosi dalla madre generale delle Figlie di Maria Ausiliatrice, suor Luisa Vaschetti, l’aveva supplicata: «Le suore, madre, le suore per il Giappone!» E madre Vaschetti aveva detto di sì, cominciando a pensare chi mandare…

Proprio in quei giorni le era giunto all’orecchio qualcosa da Tortona, dove l’orfanotrofio «San Giuseppe» camminava a fatica… Però camminava! E le redini le teneva bene in pugno da circa sei anni suor Letizia Begliatti. Donna di forte carattere, d’intelligenza pronta e di vasta cultura, tenace di volontà, aveva doti di governo e cuore di madre.

Nata il 17 febbraio del 1885 a San Giorgio di Viola (Cuneo), Letizia viene posta in collegio, dopo le classi elementari, dai genitori possidenti terrieri, a Nizza Monferrato presso le Figlie di Maria Ausiliatrice. Terminati gli studi superiori, risponde alla chiamata di Dio. Per tappe, da Nizza si trasferisce a Casale Monferrato, poi a Varazze, quindi ad Acqui, educatrice apprezzata e ormai con compiti di responsabilità, per poi approdare a Tortona.

Inviata da Madre Vaschetti, pioniera delle Figlie di Maria Ausiliatrice in Giappone, produce incredibili frutti, capace di sacrificarsi fino all’estremo: in una terra dove i cristiani nel 1929 erano un’esigua minoranza, fa fiorire l’albero salesiano in maniera prodigiosa.

Suor Letizia viene amata, molto ammirata, seguita, aiutata e venerata persino dalle Autorità giapponesi, che le decretano due altissime onorificenze, e persino dai “non cristiani”, dai bonzi stessi!

MISSIONE È DIRE SÌ

Il 28 ottobre 1929 suor Luisa Vaschetti le scrive da Nizza:

«In segreto fra me e te: ti senti la vocazione per le missioni? Ieri durante la recita del rosario mi attraversò la mente il pensiero dell’inaugurazione delle missioni del Giappone, senza avere chi mettere a capo. In quell’attimo mi saltò fuori il tuo nome. Che cosa ti sembra? Prega e rispondimi a Torino, ma non stare a dirmi: non sono capace, ecc. ecc. Dimmi sì o no, semplicemente. Il resto lo farà il Signore e c’intenderemo…».

Il 4 novembre suor Letizia rispondeva:

«Madre, se lei crede che la volontà di Dio stia oggi nel passare sopra a tutte le deficienze di un soggetto indegno di ogni cosa bella e grande, io — raccomandandomi con tutta l’anima al nostro Beato, qui presente nella sua reliquia, e scongiurandolo a pensarci lui perché, per colpa mia, ella non abbia a sbagliarsi, le dico di cuore, fra tutte le mie paure, il mio cordiale e umile SÌ